Il ruolo della manifattura additiva nel mercato delle parti di ricambio

Grafico estratto dal sondaggio Eurobarometro 2020

Dal sondaggio Eurobarometro del 2020 sulle abitudini dei cittadini europei nei confronti dell’ambiente è emerso che il 32% degli intervistati, messo di fronte alla scelta tra riparare e sostituire un prodotto non funzionante, ha preferito ripararlo piuttosto che sostituirlo. La scelta di riparare un oggetto e di allungarne la vita è indubbiamente una scelta virtuosa che, in un’ottica ambientalista, costituisce un fattore fondamentale di un’economia circolare.

Ed è proprio nell’ottica di incentivare questi comportamenti che l’Unione Europea ha previsto tutta una serie di norme volte a tutelare il “diritto alla riparazione” (right to repair). Un insieme di disposizioni che ha un impatto notevole non soltanto sull’ambiente, ma anche sui fabbricanti di determinati prodotti, che sono obbligati a garantire ai propri clienti la reperibilità dei pezzi di ricambio.

In questo scenario, di fronte ai costi di stoccaggio e di trasporto cui i fabbricanti devono andare in contro per ottemperare agli standard normativi europei, la manifattura additiva può offrire soluzioni in grado di ottimizzare la gestione delle cosiddette “spare parts”.

Cosa sono le spare parts e perché sono un’importante risorsa?

Per parte di ricambio si intende la parte distinta che può sostituire una parte del prodotto avente la stessa funzione o funzione analoga. In attuazione della direttiva 2009/125/CE del 21 ottobre 2009 l’ordinamento comunitario ha adottato una serie di regolamenti attuativi il cui obiettivo è la creazione di un sistema di progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia.

Questi regolamenti, direttamente efficaci all’interno degli Stati membri, hanno previsto l’obbligo di garantire la reperibilità delle parti di ricambio per un periodo di tempo che oscilla tra i 7 ed i 10 anni per i fabbricanti di determinati elettrodomestici.

Un esempio è costituito dal Reg. UE 2019/2023 del 19 ottobre 2019 che detta la disciplina in materia di progettazione ecocompatibile di lavatrici e lavasciuga ad uso domestico. Tra le varie prescrizioni, vi è quella relativa alle parti di ricambio, situata nell’allegato II, nel capo dedicato alle “Specifiche di Efficienza delle risorse”.

È proprio il primo punto del capo 8 a sancire l’obbligatorietà a decorrere dal 1° marzo 2021 della disponibilità delle parti di ricambio.

A titolo esemplificativo rientrano tra le parti di ricambio motori e spazzole per motori, pompe, ammortizzatori e molle e accessori in plastica quali gli erogatori di detersivo.

La stessa disciplina è stabilita anche per altre tipologie di elettrodomestici, quali ad esempio le lavastoviglie (Reg. UE 2019/2022) e i frigoriferi (Reg. UE 2019/2019).

Queste misure vogliono facilitare le riparazioni perché riparare, anziché sostituire, significa rallentare l’uso delle risorse ed il flusso del materiale. Si tratta quindi di un comportamento virtuoso benefico per l’ambiente che dà concreta attuazione al right to repair di cui si parla in molti documenti strategici della Commissione Europea, in primis nel Green Deal.

Ma che effetto ha il right to repair sui produttori di elettrodomestici?

L’integrazione del right to repair nell’ordinamento comunitario ha un grande impatto sui fabbricanti, importatori e mandatari di elettrodomestici a cui le disposizioni sono rivolte.

Infatti, le aziende devono organizzarsi per garantire continuamente la disponibilità delle parti di ricambio e questo si traduce in altissimi costi di produzione, inventariato, magazzino e manutenzione. Milioni di pezzi che devono essere conservati in enormi magazzini per un tempo che va da 7 ai 10 anni.

A questo si aggiungono i costi di trasporto ed i lunghi tempi di evasione delle richieste dei consumatori dovuti alla frequente dislocazione dei magazzini negli angoli più remoti del paese. 

In che modo la manifattura additiva viene in aiuto della Spare Parts Supply Chain?

Le caratteristiche della manifattura additiva fanno sì che essa possa essere applicata all’interno della supply chain delle parti di ricambio. I vantaggi sono molti: risparmio di risorse; inventario ridotto; servizio più efficiente; riduzione dei tempi di consegna; migliori performance della supply chain e riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

Infatti, integrando le stampanti 3D nella produzione delle parti di ricambio è possibile dare vita ad un sistema di produzione on-demand, risparmiando sulla materia prima e sui costi di inventariato, trasporto e magazzino. Infatti, anziché produrre i pezzi di ricambio prima che ve ne sia l’effettiva necessità e conservarli inutilizzati per anni ed anni, con la manifattura additiva è possibile una produzione mirata, quando e dove serve.  

In questo processo di transizione verso una supply chain delle spare parts on-demand, è fondamentale la qualità delle parti di ricambio create mediante manifattura additiva, la cui estetica e le cui performance devono eguagliare quelle dei pezzi creati mediante le tecnologie tradizionali. È così che il post-processing offerto da dispositivi automatici quali 3DFinisher gioca un ruolo fondamentale.

In sintesi, le previsioni relative al right to repair costituiscono un importante passo nella direzione di una economia sostenibile, ma il passaggio ad una gestione più virtuosa della produzione comporta necessariamente delle difficoltà per gli operatori economici, come è in questo caso la produzione di milioni e milioni di parti di ricambio da parte dei fabbricanti di elettrodomestici.

Fortunatamente la manifattura additiva può giocare un ruolo fondamentale nella SPSC, offrendo una soluzione rapida ed efficace agli ingenti costi che la gestione delle parti di ricambio pone in capo agli operatori economici.